Omicidio Lafranceschina. <span>Foto Giuseppe Capacchione</span>
Omicidio Lafranceschina. Foto Giuseppe Capacchione
Cronaca

Territorio Ofantino, una guerra di mafia lunga 17 anni ricostruita nel dettaglio

Dal 2003 sono otto i morti e altrettanti i tentati omicidi

Una guerra di mala senza esclusione di colpi che negli ultima 17 anni ha causato 7 morti e altri 8 tentati omicidi. Il territorio Ofantino è finito ormai da tempo sotto la lente d'ingrandimento della direzione distrettuale antimafia di Bari perché le vittime dei 13 conflitti a fuoco sono pezzi da novanta dello scacchiere della criminalità del foggiano. Le parti in campo sull'asse Trinitapoli - San Ferdinando di Puglia sono due: il clan "De Rosa - Miccoli - Buonarota" da una parte e il clan "Carbone - Gallone" dall'altra. L'oggetto della contesa è il controllo dei traffici illeciti sul territorio. Secondo una ricostruzione tappa per tappa della storica rivalità effettuata dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia, tutto ha avuto inizio il 3 ottobre del 2003 con l'attentato al boss Cosimo Damiano Carbone avvenuto a Trinitapoli. Il capo clan morirà 16 anni dopo, il 14 aprile del 2019 quando aveva 63 anni. Era il primo pomeriggio di domenica delle Palme quando Carbone fu freddato da una raffica di proiettili mentre stava uscendo dalla sua abitazione di via della Transumanza, alla periferia della cittadina ofantina, a bordo di una Seat nera. Con lui in auto c'era Michele Vitobello, coinvolto solo per caso e scampato all'attentato per miracolo.

La vittima era stata condannata all'ergastolo per l'omicidio di Savio Saracino, compiuto a Trinitapoli il 20 settembre del 2004, e per il tentato omicidio di Michele Miccoli. Si trovava ai domiciliari per un permesso speciale concesso per motivi di salute. Le armi utilizzate una pistola e un fucile calibro 12. Il mezzo usato dal commando fu ritrovato in fiamme in una campo poco più avanti. Suo fratello Antonio, invece, fu ucciso il 27 maggio del 2014 raggiunto da colpi di fucile calibro 12 a bordo di una Fiat Punto bianca in pieno centro di Trinitapoli, era appena uscito da un bar dove aveva preso un caffè come di consueto al mattino prima di andare in campagna. A quasi un anno di distanza è arrivata una svolta importante nelle indagini in merito alla morte del boss. All'alba del 18 marzo scorso i carabinieri a Trinitapoli hanno arrestato Alberto Campanella, 32 anni e originario del posto, personaggio di spicco del clan "De Rosa - Miccoli - Buonarota", ritenuto uno dei killer di Carbone e quindi uno dei responsabili del tentato omicidio di chi viaggiava con lui.

La pista seguita dagli investigatori subito dopo l'omicidio fu quella della vendetta perché appena quattro mesi prima, il 20 gennaio, era stato freddato a pochi metri di distanza il boss rivale Pietro De Rosa a capo dell'omonima famiglia. Aveva 41 anni e la sua fu una esecuzione in piena regola avvenuta davanti al cancello della sua villetta in via dei Liburni, sempre alla periferia della città. Erano circa le 13, e la vittima, sorvegliato speciale, era a bordo di una Fiat Croma guidata da un uomo di 49 anni rimasto ferito senza complicanze. Secondo una ricostruzione dei carabinieri, a loro si accostò un'altra auto, forse una Renault Clio, dalla quale i suoi attentatori aprirono il fuoco. Le armi utilizzate sempre le stesse. La vittima scese dall'auto e fu travolta da una pioggia di proiettili che non gli lasciò scampo. Prima di arrivare alla morte dei due capi, ci sono altre tappe da percorrere. Il 2008 fu un anno nero, nell'ordine si ebbero: l'uccisione di Biagio Valerio, della famiglia "Verdarella", avvenuto a San Ferdinando di Puglia la sera del 28 gennaio mentre giocava a carte in un circolo del centro. Aveva un passato da contrabbandiere ma, secondo gli investigatori, si era poi allontanato dagli ambienti della malavita.

Si trattò di un agguato svolto con la classica modalità della malavita organizzata: due killer si avvicinarono al circolo a bordo di una moto di grossa cilindrata, mirarono contro Valerio e fuggirono via. 10 anni dopo nella stessa città cadrà vittima di un attentato suo fratello, il 59enne Giuseppe Valerio, freddato nelle centralissima via Roma all'alba all'interno di una Fiat Punto grigia mentre stava andando a lavorare. Secondo quanto ricostruito dai militari, due killer scesi da un'auto di grossa cilindrata avrebbero fatto fuoco per poi fuggire senza lasciare tracce. Entrambi i fratelli furono coinvolti nell'operazione 'Cynara' che alcuni anni fa smantellò un'organizzazione dedita alla truffa con i fondi della legge 488. Da tempo Giuseppe sembrava defilato, era diventato testimone di Geova. Era proprietario di uno dei più grossi magazzini di prodotti ortofrutticoli della zona. Aveva acquistato all'asta l'azienda di Carlo Garofalo, ucciso il 22 aprile del 2007, da Nunzio Arnese, reo confesso di quel delitto maturato per questioni di natura economica.

Sempre nel 2008 si sono registrati a Trinitapoli: il 4 febbraio un attento omicidio ai danni di Michele Miccoli che nello stesso mese fuggì altre due volte alla morte, il 21 in compagnia di Raffaele Miccoli e il 25 in compagnia di Luca Sarcina. Dopo 4 anni si tornerà a sparare di nuovo a Trinitapoli: il 10 maggio del 2014 il tentato omicidio di Michele Buonarrota e Michele Straniere. Il 12 gennaio del 2015 verrà ucciso nella stessa città Savino Benedetti. Il 26 agosto del 2019 con il tentato omicidio di Michele Visaggio, 63 anni, boss del clan "Visaggio -Valerio" di San Ferdinando di Puglia, raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco al volto e al torace in un agguato nelle campagne fra Trinitapoli e Cerignola. Si salverà dopo il ricovero nel reparto di chirurgia dell'ospedale "Dimiccoli" di Barletta.

Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari stabiliranno se l'omicidio di Giuseppe Lafranceschina sia l'ultimo atto di questa guerra sanguinaria a stampo mafioso. Ieri pomeriggio, lo ricordiamo, a Trinitapoli, alle 18.30 circa, da un'Alfa Romeo Giulietta ignoti hanno esploso almeno due colpi di arma da fuoco in pieno volto ai danni di Lafranceschina, 43 anni già noto alle forze dell'ordine per droga e reati contro il patrimonio. Si trovava a bordo della sua bicicletta a pedalata assistita in via Mulini, una traversa del corso principale, non molto distante da casa sua. Affiliato al clan Carbone - Gallone, cugino di primo grado del boss Giuseppe Gallone, arrestato a gennaio scorso per rapina a Ferrara. Un omicidio che, secondo gli investigatori, ha tutti i tratti di una vendetta fra clan.
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