Tartaruga morta
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Cronaca

Ogni anno 300 carcasse di tartaruga lungo la costa fra Margherita di Savoia e Monopoli

Salvemini (WWF): «Collaboriamo con i pescatori»

«Lungo il tratto di costa che va da Margherita di Savoia a Monopoli ritroviamo ogni anno circa 300 carcasse di tartaruga, 60mila in tutta l'area del Mediterraneo». È il dato allarmante fornito dal responsabile del Centro Recupero Tartarughe del WWF di Molfetta, Pasquale Salvemini, ente che si occupa della presa in carico e il successivo rilascio in mare delle testuggini. A causa delle violenti mareggiate capita che i rettili perdano l'ordinamento e si avvicino alla costa. A ucciderle, però, sono i fattori antropici che possono incontrare lungo il percorso. «La natura ci riconsegna i danni che abbiamo creato - ha sottolineato Salvemini -. La plastica in mare è in cima alle cause di morte di tartarughe e delfini. Subito dopo c'è la pesca. Spesso capita che i pescherecci nelle reti recuperino ad esempio esemplari di Caretta caretta, la specie di tartaruga marina più diffusa nel Mediterraneo. Non c'è nulla di più sbagliato di rigettarle in mare. La testuggine subisce questo impatto come un trauma e disorientata può imbattersi nelle eliche di un'altra imbarcazione e ferirsi gravemente fino a morire». Diverse sono le carcasse ritrovate sulla sabbia o sugli scogli, a cui vanno sommate le carcasse di tutte le tartarughe di piccolo taglio che si mimetizzano facilmente fra le alghe e non vengono recuperate. A Margherita sono tante le segnalazioni durante il periodo estivo da parte dei bagnanti che ritrovano in molti casi anche tartarughe decapitate o amputate dalle eliche delle barche.

Ci sono anche storie a lieto fine. Per evitare di danneggiare le tartarughe basta solo segnalare la loro presenza a bordo dell'imbarcazione al centro di recupero del WWF di Molfetta, personale qualificato provvederà a perderle in custodia, a curarle e in fine a donare loro la libertà. Come accadde a luglio del 2019 a Margherita, quando fu ritrovata una Caretta caretta con una pinna tranciata incastrata vicino alla boa che delimitava il limite delle acque sicure per la balneazione. Il centro intervenne e donò nuova vita all'animale. «Una delle attività che stiamo promuovendo è la collaborazione con i pescatori - ha concluso Salvemini -. Sono loro i primi a entrare in contatto con tartarughe e delfini».
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