Gazebo autorizzati in passato dal comune, ecco la sentenza

Il Tar: «Copertute non presentano carattere di abusività»

domenica 12 giugno 2016 13.25
A cura di Giuseppe Capacchione
Due permessi per l'occupazione del suolo pubblico regolarmente rilasciati dal comune, ma successivamente modificati e annullati dall'ente con un regolamento che: «Lede in via immediata la posizione soggettiva dei destinatari». Il Tar della Puglia si è espresso e ha affermato che i gazebo messi sul lungomare di Margherita di Savoia dalla pizzeria Pleasure: «Non presentano carattere di abusività - perché - in precedenza consentiti dallo stesso Comune». Una vicenda che affonda le radici nel 2014 quando l'amministrazione del sindaco Paolo Marrano decide di modificare il regolamento comunale sull'occupazione di aree pubbliche e del canone da versare. Fra le attività colpite c'era anche la pizzeria di Francesco Tiritiello che aveva ben due permessi, uno del 2007 e l'altro del 2009 firmati dal respondasabile comunale di servizio del tempo l'ingegnere Savino Filannino, per occupare il suolo con dei gazebo fissati nella pavimentazione.

Infatti, il Comune già nel 2011 è stato condannato dal Tar al pagamento delle spese processuali perché aveva ordinato a Tiritiello l'abbattimento dei gazebo incurante delle due autorizzazioni, la stesse che scagionano il proprietario del Pleasure anche questa volta. L'amministrazione è intervenuta su un'anomalia applicando il nuovo regolamento e quindi non è stata condannata a nessun risarcimento, stessa cosa per il proprietario del Pleasure in quanto, come afferma il Tar, l'ente: «Non può contestare il valore delle autorizzazioni della medesima Pubblica amministrazione nel 2007 e nel 2009». E anche se in fondo al foglio dell'autorizzazione del 2007 c'è scritto che il comune in futuro avrebbe avuto il potere di far rimuovere la copertura a spese del titolare perché all'epoca la programmazione disciplinare per queste strutture non era ancora terminata, l'amministrazione lo ha fatto col regolamento del 2014, ma in maniera lesiva nei confronti di Tiritiello e della sua attività, cosa non permessa dal Consiglio di Stato.